Ultimamente mi sto appassionando al mondo del vino. Ogni volta che mi interesso di un nuovo vino scopro storie meravigliose, tutte fatte di territorio, cultura ed amore. Non posso certo dire di essere un’esperta, ma certo mi piace studiare e capire, per migliorare sempre di più le mie conoscenze in materia. Considerate quindi questo post semplicemente come il frutto degli approfondimenti di un’appassionata, che ha voglia di condividere con voi le sue scoperte :)
Quel che vi sto per raccontare dovrebbe esservi utile per avere un’infarinatura generale sul Trento Doc e, perché no, vi potrebbe aiutare per fare un po’ i fighi a cena con gli amici (che mica è poco!).
L’occasione per conoscere più da vicino il Trento DOC mi è stata data, qualche settimana fa, da un tour enogastronomico in Trentino. Location della degustazione è stata la cantina dell’Hotel Corona, ad Andalo, un posticino delizioso dove ho passato solo una notte, ma in cui non vedo l’ora di tornare.
La storia del Trento DOC
Nel 1902 Giulio Ferrari (vi dice niente il nome? :)) era un giovane enologo che aveva notato, nel territorio del Trentino, caratteristiche simili a quelle della zona dello Champagne. Sua fu quindi l’idea di importare l’uva e provare a produrre lo spumante anche in Trentino. Nacque così lo spumante metodo classico trentino.
Trento DOC
Il nome è l’unione tra il nome della città capoluogo e il famosissimo acronimo DOC, la Denominazione di Origine Controllata. Come per ogni vino DOC, la produzione del Trento DOC è definita da un disciplinare che ne regola le caratteristiche di produzione. Non ci si può quindi improvvisare produttori di Trento DOC, bisogna, invece, rispettare alcune regole fondamentali:
- utilizzo di uve Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero e/o Pinot meunier;
- utilizzo di uve di provenienza esclusivamente trentina;
- utilizzo del metodo della rifermentazione in bottiglia;
- prolungato contatto con i lieviti e relativa maturazione.
Il metodo classico
Il metodo classico è un sistema molto impegnativo che prevede una grande pazienza. Pensiamo che, se per produrre un vino bianco fermo possono bastare pochi mesi, per il metodo classico bisogna mettere in conto dai 15 mesi ai 10 anni.
Come funziona il metodo classico?
Dalle uve si ottiene un vino fermo a cui vengono aggiunti lieviti e zuccheri. Nella trasformazione da uva e vino avviene la prima fermentazione. Poi il vino viene fatto riposare in bottiglia dove i lieviti producono una seconda fermentazione. Il metodo classico quindi è, appunto, la rifermentazione in bottiglia.
Le bottiglie vengono conservate su cavalletti di legno, i pupitres, e durante la rifermentazione il produttore le ruota e le scuote delicatamente, per fare in modo che i residui di lieviti si raccolgano tutti verso il collo della bottiglia. La bottiglia viene poi sboccata, cioè viene stappata per far fuoriuscire i lieviti esausti (post rifermentazione), e viene rabboccata con la cosiddetta liqueur d’expedition, una combinazione di vini importanti e (non sempre) zuccheri, la cui composizione rappresenta la ricetta segreta di ogni produttore).
Dove
I vigneti del Trentino sono coltivati fino ad 800 metri sopra il livello del mare.
Abbinamenti
Se c’è una cosa di cui mi sono resa conto durante le degustazioni di Trento DOC è che questo vino si presta davvero ad una molteplicità di abbinamenti, perché la sua acidità importante gli permette di sostenere piatti molto diversi: pesce, carne, formaggi, pasticceria salata e anche dolci, magari in una versione demi-sec, sec o extradry.
Caratteristiche
Ha un colore paglierino, con riflessi dorati. Le note sono quelle del pane tostato, dell’agrumato, della vaniglia e della mela Golden. Una delle caratteristiche più importanti è quella del Perlage: bollicine fini e persistenti, indice di una lunga permanenza sui lieviti. Viene servito tra gli 8 e i 12 gradi.
Info/Fonte: www.trentodoc.com/it
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